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L'ARRIVO DI UN FRATELLINO/SORELLINA

 

L'arrivo del secondogenito se da un lato porta con sé la gioia della nuova attesa, dall'altro potrebbe scaturire dubbi ed incertezze rispetto alla relazione che da lì a poco si modificherà con il primo figlio: “Sarà geloso/a?”, “Come dividerò le mie attenzioni?”, “Gli vorrò bene come al primo/a?”, sono pensieri inevitabili ed assolutamente legittimi che dimostrano la forte sensibilità che da genitori si nutre nei confronti dei propri figli.

 

Non c'è da stupirsi se il nostro bambino (ovviamente a seconda dell'età lo farà in modo diverso) metterà in atto comportamenti provocatori o, in altri casi, comportamenti tipici di quando era più piccolo, tutte manifestazioni utili ad attirare l'attenzione che fino a qualche giorno prima era totalmente rivolta verso di lui. 

 

Se già grandicello, non devono spaventare quindi richieste come quelle di utilizzare il biberon, o il ciuccio, o addirittura di mettere il pannolino: potrebbero infatti, per nostro figlio, significare tornare piccolo e degno di maggiori attenzioni proprio come quel piccolo esserino con il quale ora condivide gli spazi sia fisici, ma soprattutto relazionali.

 

Affrontare queste richieste con il sorriso e attraverso il gioco potrebbe essere il modo migliore per far si che scompaiano velocemente.

 

Tali comportamenti potrebbero rispecchiare emozioni di paura ed insicurezza del bambino di essere diventato meno importante, con il timore di ricevere meno amore rispetto a prima. Dovremmo quindi considerare le manifestazioni comportamentali del primogenito come reazioni normali ad un evento per lui di totale novità.

 

A seconda dell'età del bambino possiamo mettere in atto alcuni accorgimenti che non serviranno per evitare comportamenti spiacevoli del bambino, poiché totalmente comprensibili, ma piuttosto per prevenire che questi si protraggano per troppo tempo, rischiando di far diventare la quotidianità eccessivamente stressante e pregnante di emozioni spiacevoli (rabbia, frustrazione, tristezza..).

 

Non dire al bambino che ora lui è grande: in questo modo potrebbe sentirsi in competizione  con il piccolino e presupponendo (in maniera errata) che un bambino di 2, 3, 4, 5 anni abbia tutte le capacità per capire, accettare e comprendere una situazione totalmente nuova. Inoltre, sottolineare che ora lui è grande potrebbe significare per lui che forse sarebbe meglio esser piccoli, aumentando in questo modo la probabilità della messa in atto di comportamenti regressivi.

 

Cercare di non sottolineare o soffermarsi troppo sui comportamenti negativi da lui messi in atto (capricci, lamentele), cercando invece di notare e premiare con lodi ed affetto (non giocattoli) successi da lui raggiunti, grandi o piccoli che siano: si rafforzerà in loro l'autostima e la percezione di essere considerato importante, supportando in modo positivo il suo percorso di crescita.

 

E' sempre positivo parlare ed aiutare il proprio bambino ad elaborare e riconoscere le emozioni che sta provando: “Capisco che vorresti che giocassi con te ora”, o “Sei arrabbiato perché la mamma sta dedicando tempo al tuo fratellino?”, lo faranno sentire compreso e dall'altra lo aiuteranno ad elaborare e quindi a gestire in maniera sempre più consapevole sentimenti ed emozioni che se non correttamente riconosciuti potrebbero rafforzare la presenza di manifestazioni comportamentali spiacevoli.

 

Non diamo per scontato che il nuovo arrivato sarà simile al primogenito, confrontando continuamente un bambino con l'altro, soprattutto davanti a lui. Va riconosciuto che ciascun bambino è diverso (e per fortuna!), e svilupperà le sue caratteristiche personali a prescindere dalle risposte genitoriali: inoltre, per quanto ci si possa sforzare, non si avrà mai lo stesso comportamento con i figli, riconoscendo (correttamente) che ognuno di noi è diverso.

 

Infine, non negare che qualcosa cambierà o sia cambiato: cercare piuttosto di condividere futuri cambiamenti, progetti e pensieri anche con il primogenito; in questo modo lo si aiuterà a realizzare e a rappresentarsi in maniera concreta cosa significherà la presenza di un altro bambino, rendendola una cosa il più naturale possibile.

 

Martina

Dott.ssa Cavada, Psicologa

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