Tra i 18 ed 24 mesi i bambini iniziano ad utilizzare il linguaggio per codificare la loro esperienza personale: riferiscono di piccole cose che hanno fatto o vissuto, desideri ed attività che vorrebbero fare.
Oltre che al raggiungimento di questa fondamentale tappa comunicativa, in questo periodo i bambini iniziano a comunicare anche attraverso il comportamento: viene descritto, infatti, il terribile periodo dei “NO”.
Si tratta di una fase in cui appare un fisiologico aumento di atteggiamenti in senso oppositivo provocatorio, dovuta prevalentemente a crescenti esperienze di autonomia e di attiva sperimentazione della loro presente, seppur piccola, identità. Iniziano infatti a riconoscere sé stessi (anche allo specchio), camminano e corrono verso oggetti, attività e persone di loro interesse, imparano quotidianamente parole che serviranno loro per acquisire sempre maggiore autonomia. Appaiono così più frequentemente capricciosi, “testardi”, costantemente in movimento, alla continua ricerca delle attenzioni dei genitori con richiami, talvolta urla e pianti, senza apparenti motivi particolari.
Come interpretarli?
I bambini non fanno apposta. Ricordiamo che i comportamenti dei bambini hanno sempre una motivazione: come detto precedentemente, potrebbero ricondursi ad una normale ricerca di autonomia. Tuttavia, potrebbero essere dovuti anche a sensazioni vissute dal bambino di un mondo percepito come insicuro e non del tutto affidabile: questo spesso è dovuto prevalentemente da informazioni contrastanti e poco prevedibili ricevute dalle figure di accudimento, le quali oscillano tra il sostegno ad esplorare, alla richiesta di rimanere accanto. Potremmo dunque osservare la manifestazione di questi comportamenti in seguito a difficoltà del bambino di comprendere dove e quanto “spingersi”, da solo, in autonomia e sicurezza. Ecco che la presenza di sorrisi e parole di conforto dei genitori di fronte a tentativi di esplorazione e nuove conquiste dei bambini favoriscono il raggiungimento di una sicurezza in sé stessi e nel mondo.
Il loro linguaggio non è sempre coerente con quanto si prova. A questa età, seppur in costante aumento, il vocabolario del bambino non sempre riesce a rappresentare il suo mondo interiore, soprattutto di fronte a situazioni nuove per le quali non ha ancora fatto esperienza. Ecco che aiutarli a codificare ciò che immaginiamo stia provando (“sei stanco?”, “hai paura?”, “sei felice?”) può aiutare il bambino a mettere un po' d'ordine nell'insieme di sensazioni interne alla quali non riesce a dare significato e “butta fuori” con l'unico mezzo a sua disposizione, il comportamento.
Le regole sono fondamentali: l'importante è che siano chiare, comprensibili e concrete. Molte volte ci attendiamo che i bambini si comportino in un certo modo perché “glielo abbiamo già detto in diverse occasioni” e ci attendiamo abbiano compreso. Bambini così piccoli non hanno ancora raggiunto la capacità di generalizzazione ed il loro essere estremamente concreti rende difficile questa operazione. Cerchiamo dunque di essere chiari, di fornire poche regole che siano comprensibili per quella situazione e che esse rimangano nel tempo: regole che talvolta ci sono ed altre no potrebbe solamente confonderli e vanificare il loro effetto, portandoli a non credere che quanto viene detto loro sia “reale”. Infine, nel fornire le regole è bene dirle al positivo anziché al negativo: meglio “cammina vicino alla mamma perché passano le macchine” piuttosto che “non correre!”: diamo infatti per scontato che i bambini abbiano capacità di immaginare che dietro quest'ultima, si racchiuda automaticamente il significato della prima.
Fornire loro alternative. In questo periodo di scoperta continua, può essere utile che siano i genitori a scegliere attività e cose da fare, proponendo tra due alternative, in modo da rendere meno caotico il mondo circostante: una volta decisa l'attività (che non sia troppo lunga vista l'età) è fondamentale portarla a termine. Evitare il passaggio continuo da una cosa all'altra permette di insegnare loro a dare importanza e rispetto a ciò che si fa, favorendo la concentrazione.
Parlare e comunicare in maniera positiva, quindi, condividendo sentimenti e pensieri, permette di sostenere l'autonomia del bambino, aiutandolo a fornirsi di un bagaglio di conoscenza che gli permetterà di sperimentare le continue sfide e novità che il mondo quotidianamente gli pone di fronte.
Martina - Psicologa
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